Clelia MoscarielloLa polemica esplosa dopo le parole che Papa Francesco ha pronunciato riferendosi al cosiddetto "genocidio armeno" può considerarsi, francamente, inutile. E' vero che, nel 1915, i turchi deportarono i cristiani armeni, i quali, in accordo con britannici e russi, stavano organizzando una rivolta tesa a colpire alle spalle l'esercito di Ankara, al fine di affrancarsi dal dominio Ottomano. Tuttavia, è anche vero che quella deportazione venne affidata alle popolazioni curde locali, le quali da millenni intrattenevano con gli armeni rapporti di odio conflittuale. Il successivo regime dei 'giovani turchi', dopo aver deposto il sultano Mehemet VI, soffocò definitivamente tali odi tribali tra curdi e armeni, insieme alle loro rivendicazioni indipendentiste, imponendo una laicizzazione forzata dello Stato. Ecco spiegato per quale motivo, quando la Chiesa parla di "genocidio armeno", la Turchia sappia a malapena a cosa 'diamine' ci si stia riferendo. Lo stesso Adolph Hitler era solito proporre un paragone esplicito, domandando retoricamente: "Chi ricorda la fine degli armeni? Nessuno...". Ecco dove sorge l'errore storiografico: i cristiani armeni, colpiti da una dolorosa deportazione o costretti a fuggire dal proprio Paese, hanno sempre preteso di paragonare la loro diaspora con l'olocausto ebraico. Ma intorno a ciò, il Governo di Ankara non ha tutti i torti nell'offendersi, sentendosi costretto a sopportare un sostanziale giudizio di equivalenza tra il proprio Paese e la Germania nazista. La Turchia non sente il dovere di approfondire la vicenda armena, considerandola una questione storicamente marginale. E ciò è un male. Ma si tratta di una presa di posizione per alcuni versi 'comprensibile'. E' un po' come se noi venissimo chiamati in causa per la guerra italo-turca del 1911-12, per il predominio sulla Libia: fu un'impresa voluta da Giovanni Giolitti, contro la quale sia Pietro Nenni, sia lo stesso Benito Mussolini mossero più di qualche obiezione. Se a ciò aggiungessimo un'accusa di sterminio, anzi di "genocidio", delle popolazioni arabe della Cirenaica, diverrebbe logico, per qualsiasi nostro Governo, di qualsivoglia 'colore', considerare una tesi del genere come una semplice questione da affidare agli storici, senza doversi 'impiccare' per forza al ramo dell'incidente diplomatico. Anche al fine di non ricordare al resto il mondo che, secondo noi, la Libia era soltanto "uno scatolone di sabbia...": se in quella 'sabbia' Giolitti avesse provato a conficcarci anche semplicemente un ombrellone, avremmo potuto risolvere 'a monte' tutti i nostri problemi di sviluppo industriale e approvvigionamento energetico. E, probabilmente, neanche avremmo avuto il fascismo. Come si può ben comprendere, siamo nel campo della Storia puramente 'controfattuale', quella del senno di poi. Un 'terreno' sul quale si finisce sempre col 'pattinare' sulle saponette. Noi non siamo indifferenti all'eccidio dei cristiani che avviene ogni giorno in svariate parti del mondo. Più semplicemente, riteniamo che l'opinione pubblica mondiale debba essere richiamata a protestare contro le guerre di religione di ogni genere e tipo, evitando polemiche tanto sterili, quanto poco efficaci, sul piano politico internazionale.


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