Clelia MoscarielloSecondo l'ultimo Rapporto Eures, pubblicato lo scorso anno, solamente nel 2011 sono stati uccisi 197 bambini. Gli infanticidi, che di solito avvengono entro i primi 6 anni di vita di un bambino, vengono commessi soprattutto nel nord'Italia. L'età media della donna che uccide il proprio figlio va dai 26 e i 32 anni. E molte di esse soffrono di depressione o di altri disturbi psichici. Sempre secondo i dati raccolti dal centro di ricerche europeo, sono in particolare aumento i cosiddetti 'femminicidi': ben 179 soltanto nel 2013. Un anno che ha toccato il triste record della "più elevata percentuale di donne vittime di omicidio mai registrata in Italia: in pratica, una ogni due giorni". Rispetto alle 157 dell'anno precendente, siamo di fronte a un incremento del 14%: una vera e propria 'impennata' del fenomeno. Questi femminicidi maturano soprattutto in ambiti familiari, ma anche in quei contesti definiti dai sociologi "di prossimità", ovvero tra le amicizie e perisno negli ambienti di lavoro. Sono aumentate anche le donne uccise dalla criminalità: 28 nel 2013 a seguito di una rapina. Si uccide per rapinare, senza cioè nemmeno proporre quell'opzione che, un tempo, era alla base del diritto di resistenza: "O la borsa, o la vita"! Le vittime di queste rapine che 'sfociano' nell'omicidio sono soprattutto casalinghe e signore anziane. Su tale versante è il sud a essere 'messo peggio', ma il dato sta subendo una 'controtendenza' che vede il centro-nord in sensibile avvicinamento, registrando alcuni 'picchi' significativi nel Lazio e in Umbria. In ogni caso, il vero 'nuovo' segnale che sta emergendo "a causa del perdurare della crisi economica", secondo gli osservatori, è il forte aumento dei 'matricidi', compiuti per ragioni di denaro o per l'esasperazione di rapporti derivanti da convivenze imposte dalle necessità, cioè dettate dalla sostanziale paralisi dei mercati del lavoro e da quello immobiliare e degli affitti. Due settori che non riescono più ad andare incontro alla domanda di emancipazione e di vita autonoma delle generazioni più giovani. Nel caso dei femminicidi, inoltre, sempre l'Eures ci segnala come la situazione sia giunta sull'orlo del 'baratro' soprattutto per "l'inefficacia e l'inadeguatezza delle risposte istituzionali alle richieste d'aiuto delle donne vittime di violenza all'interno della coppia, visto che nel 2013 ben il 51,9% di coloro che in seguito sono risultate vittime di omicidio aveva segnalato e/o denunciato le violenze subite". Insomma, riassumendo per sommi capi: nella grave crisi sociale che stiamo vivendo, le principali tipologie di omicidio volontario sono soprattutto quelle relative all'ambito domestico o della sfera affettiva. Risultano, invece, più stabili gli omicidi maturati nell'ambito della criminalità comune, anche se quest'ultima appare in aumento al centro-nord (ovvero, in quelle regioni in cui era tradizionalmente assai bassa...). Infine, per la prima volta si segnala il fenomeno degli omicidi che colpiscono la componente più anziana della popolazione. Dai tempi del delitto di Cogne, avvenuto nel 2002 e per il quale Annamaria Franzoni sta scontando 16 anni di carcere per avere ucciso il figlio Samuele di due anni, passando per Erika e Omar e per un altro 'caso mediatico' come quello di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, rammentando altresì fatti clamorosi come la strage di Erba, compiuta dai coniugi Rosa Bazzie e Olindo Romano perché "il bambino dei vicini piangeva troppo", giungendo infine all'assassinio di Melania Rea, uccisa da Salvatore Parolisi tra le 'quinte' di un matrimonio che veniva comunemente considerato perfetto, ci stiamo sempre più convincendo a mettere parzialmente in discussione tutte quelle 'diagnosi' sociologiche secondo le quali tali stragi e delitti avrebbero la loro 'radice' nella crisi economica. Non può dipendere tutto ed esclusivamente dall'economia. Secondo noi, anche l'eccessiva esposizione mediatica sta provocando una crescita esponenziale, di carattere 'emulativo', degli episodi di violenza. Un altro fattore che ci appare evidente - e che spesso abbiamo denunciato in totale solitudine proprio dalle colonne della presente testata - è quello di un capitalismo 'squilibrato' verso forme esasperate di consumismo: persino adolescenti provenienti da famiglie benestanti entrano nei 'giri' della prostituzione, oppure si propongono come 'web girl', per ricevere in regalo l'I-phone all'ultimo 'grido', ricariche telefoniche, borse 'griffate' extra-lusso. Contemporaneamente all'aumentare degli omicidi, nuove droghe provenienti da altri Paesi, sempre più nocive e letali in quanto 'sintetiche' o 'tagliate' con pesantissime sostanze psicotrope, stanno 'attecchendo' tra i giovani disoccupati. Infine, numerosi 'Sert' sono costretti ad accogliere nuove 'dipendenze' come per esempio quella dal gioco d'azzardo, che secondo le statistiche riguarderebbe soprattutto le classi meno abbienti: persone in difficoltà che si sono giocate tutti i loro risparmi alle 'slot-machine' sino all'indebitamento, poiché illusi di poter risolvere in questo modo i propri problemi economici. Nel frattempo, la cultura pubblicitaria e del marketing continua a 'martellare', spingendo verso un rilancio dei consumi voluttuari o di lusso, nonché stimolando stili e comportamenti troppo individualistici. Un messaggio 'asociale' devastante, che annulla valori, idee, culture e potenzialità reali. Ecco spiegati i motivi per cui, sempre più spesso, assistiamo a omicidi in cui gli inquirenti faticano a trovare un movente che, spesso, neanche esiste. Oppure, è talmente labile e irrazionale da risultare impensabile, quasi fosse 'evanescente'. Come nel film 'Un giorno di ordinaria follia', ogni etica della convinzione si sta lentamente svuotando, per lasciare il posto a un'etica del 'successo' in cui nessuno è più in grado di dare valore alle persone anziché alle cose. Tutti indicatori che segnalano un tessuto sociale che si sta sgretolando. Stiamo cioè assistendo a uno scenario quasi 'apocalittico', in cui viene messo in dubbio tutto: la giustizia, il lavoro degli inquirenti, i fatti, le prove, il movente stesso che, come nel caso del delitto di Avetrana, risulta talmente 'futile' da lasciarci senza parole. Ma se aumentano i suicidi, gli omicidi, gli infanticidi, la violenza, la droga e la criminalità, come mai tutto questo non spaventa le istituzioni? Nel migliore dei casi, i problemi riguardano famiglie un tempo considerate 'borghesi', disabituate a far fronte ai problemi economici. Ma anche le istituzioni, lo Stato, la scuola e la Chiesa non solo non funzionano più, ma stanno letteralmente crollando, mentre opinionisti ed esperti danno spiegazioni sempre più 'miopi', basate su autentici luoghi comuni, incapaci di delineare, o anche semplicemente immaginare, una società diversa. Gravi segnali di cedimento, a tutti i livelli, sono ormai chiari ed evidenti. Ma questi dovrebbero essere recepiti e analizzati secondo modalità scientifiche più innovative, attraverso cioè indicazioni di indirizzo, sociale e di costume, meno improntate alla superficialità e alle apparenze di una società dell'immagine sempre più vuota.



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