Mario Michele PascaleL'11 ottobre cade l'anniversario dei fatti di Sigonella. Si tratta del punto più alto della politica estera italiana del dopoguerra. L'Italia, grazie a Craxi, difese la propria indipendenza e la propria sovranità nei confronti degli statunitensi. A Sigonella, i carabinieri circondarono, armi in pugno, i reparti speciali americani. Sigonella è un simbolo. Dietro al simbolo c'era una posizione, quella italiana, costruita sul dialogo est-ovest, sulla responsabilità nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, quindi la solidarietà nord-sud del mondo. L'Italia rivendicava e otteneva un ruolo di primo piano nelle mediazioni internazionali. Sarebbe stata impensabile, per esempio, una composizione in Medio Oriente e la nascita dello Stato palestinese senza il fattivo contributo sia della diplomazia italiana, che dei socialisti.

La politica estera italiana oggi
L’attuale politica estera nazionale appare pavida e impacciata, senza una precisa linea guida. La posizione italiana, pur rivendicando un'azione comune europea, resta schiacciata su un atlantismo che, superato il tempo del breve dialogo con Mosca, tende a riprodurre gli schemi della guerra fredda, ad accerchiare il nemico slavo, non più comunista, ma visto comunque come nemico. Posta al di fuori degli schemi ideologici pre-anni '80, l'azione degli atlantisti riproduce scenari da ancient régime. La politica estera italiana si è ritirata dai terreni su cui era incisiva. Nella vicenda libica, il nostro Paese ha svolto un ruolo debole e partecipa in maniera estremamente flebile alla ricostruzione, economica e democratica, di quel Paese. Durante le crisi egiziana e tunisina il nostro ruolo è stato impalpabile. Nel medio oriente siamo schiacciati. Anche la credibilità italiana nel resto del pianeta è ai minimi storici: il caso Battisti ed il caso dei marò in India, al di là delle responsabilità dei singoli, rappresentano due enormi ceffoni dati alla nostra posizione internazionale.

La politica estera socialista
Sigonella è un simbolo, anche per i socialisti. Simbolo di coraggio, di un'apertura politica a 360 gradi, di un'attenzione per i fatti internazionali, di una enorme capacità di governo. Oggi l'azione del PSI relativamente alla politica internazionale è fiacca, limitata a comunicati stampa che seguono la regola della "notiziabilità" e che di certo non possono tracciare una linea d'azione coerente sul medio e lungo periodo. Con questo assistiamo ad una attenzione spasmodica, a tratti maniacale, alle sole dinamiche dell'Europa di serie "A". Va da se che le idee dei singoli, per quanto sporadicamente valide, non possono sostituire un'azione ed una discussione collegiale che manca sia a livello di Segreteria che di Direzione che di Consiglio Nazionale. Va da se che l'Europa non è il mondo: un'azione pesantemente baricentrata sul vecchio continente rischia di trasformare la nostra patria comune da possibilità a condanna: da opportunità a gabbia. La progressione invece dovrebbe essere: dall'Italia, all'Europa, al Mondo. Chiudersi nel microclima europeo, occuparsi solo della Merkel, sarebbe un errore dettato da un tragico provincialismo. Dobbiamo ricordare, con forza, che il Psi aderisce anche all'Internazionale socialista.

FATTE QUESTE PREMESSE I SOTTOSCRITTORI DI QUESTO DOCUMENTO CHIEDONO:

1) che il Psi si faccia carico della variazione degli assetti internazionali. La seconda guerra mondiale è terminata da lungo tempo. Non ci sarebbe nulla di male nel rinegoziare e rimodulare la presenza militare statunitense in Italia;

2) che il Psi si adoperi affinché l'alleanza atlantica smetta di allestire un "cordone sanitario" attorno alla Russia. Questo cordone avrebbe l'unica conseguenza di inasprire sempre più i rapporti est-ovest. Alla logica dell'accerchiamento va sostituita quella del dialogo e della composizione degli interessi: all'interno di questa dinamica i socialisti devono spingere l'Italia a ritagliarsi uno spazio di primo piano, avocando a se una forte funzione di mediazione;

3) che il Psi esca da un eccessivo schiacciamento sulle ragioni di Israele. La nostra Storia, anche per quel che riguarda la questione palestinese, è fatta di ascolto delle opposte ragioni e di garanzia dei diritti. Da un lato, l'esistenza dello Stato di Israele, portando il dovuto rispetto agli orrori e alle sofferenze della ‘shoah’, dall'altro, la garanzia di esistenza di uno Stato palestinese autonomo e, con essa, la garanzia di dignità ai suoi abitanti. La risoluzione della questione palestinese secondo queste direttrici è stato il fiore all'occhiello della politica estera socialista. Non si comprende perchè la Palestina sia scomparsa, strategicamente, dai nostri pensieri.

CHIEDIAMO INOLTRE ALLA SEGRETERIA NAZIONALE DEL PSI:

1) di dare pubblicità a questo documento sul sito ufficiale del Partito, sull'Avanti! e su Mondoperaio, nonché di impegnare l'ufficio stampa del Partito a dare comunicazione della esistenza di questo documento presso i media;

2) di pronunciarsi sui punti indicati in questo documento, dando avvio a una riflessione complessiva che investa gli altri organi del Partito;

3) che la rappresentanza parlamentare e di governo socialista ponga in essere le opportune misure per tradurre in fatti concreti le risoluzioni derivanti dal dibattito sviluppato intorno a questo documento.

Primi firmatari:

Mario Michele PASCALE: Consiglio nazionale Psi

Maria CIPRIANO: Consiglio nazionale Psi, Segretario federazione di Brescia

Michele FERRO: Consiglio nazionale Psi, Vicesegretario regionale Lazio

Giacomo LA COMMARE: Consiglio nazionale Psi, Segretario federazione di Ravenna

Manfredi MANGANO: Consiglio nazionale Psi, Segretario Fgs Marche

Rossella PERA: Consiglio nazionale Psi

Gianfranco SALVUCCI: Consiglio nazionale Psi, Segretario sezione Velletri







Documento posto all'attenzione della Segreteria nazionale del Psi. Primo firmatario: Mario Michele Pascale
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