Giuseppe SaccoSe il problema che è all’origine del dibattito innescatosi a proposito della prostituzione è davvero quello dello squallido spettacolo offerto dai marciapiedi e dalle strade di periferia, va detto immediatamente che il clamore e la polvere sollevati non solo non si giustificano, ma possono essere addirittura fuorvianti.
Non c’è infatti dubbio che la “scena sociale” del nostro paese è lontanissima da quell’ideale di armonia e magnificenza civile che sarebbe lecito aspettarsi in una società ricca e sofisticata come l’Italia pretende di essere.
Ma ciò è dovuto solo in assai piccola misura al fenomeno della prostituzione, o meglio a quella parte delle prostitute che una riapertura delle case allontanerebbe davvero dai marciapiedi.
La riapertura, infatti, non potrebbe avvenire che in un quadro di legalità e di controllo amministrativo.
Il che implica, verosimilmente, un divieto a che in quelle case si prostituiscano le minorenni, le immigrate clandestine, nonché le portatrici del virus dell’Aids e di altre malattie veneree. La riapertura lascerebbe quindi sulla strada una buona quota delle donne – e degli uomini, o transessuali – che così tristemente animano le notti di periferia, comprese quelle prostitute o quei prostituti che, in un modo o nell’altro, sono sotto ricatto o tenuti in posizione di schiavitù.
Per quel che riguarda poi specificamente i travestiti, che molti uomini trovano assai più sexy e femminili delle donne, è evidente che “lavorare” in un ambiente controllato significherebbe perdere una buona dose di clienti, in particolare tutti quei padri e mariti che preferiscono evitare che notizia del loro “vizietto” giunga a mogli, figli, e suocere.
Riaprire le “case”, in realtà, è solo una rêverie reazionaria, più o meno come il ritorno dei Savoia. Un soffio come un altro della ventata retro che attraversa tutto il mondo occidentale dopo il crollo della minaccia sovietica. Ma non è certo una soluzione al problema dei vergognosi scambi di segnali – che tutti abbiamo visto centinaia di volte – tra uomini al volante e figure seminude.
Per cambiare lo spettacolo offerto dalle strade di notte bisognerebbe in realtà rimettere indietro di cinquant’anni tutti gli orologi della società italiana, e disfare gli effetti – non solo quelli negativi, ma anche tutti quelli positivi – della de-ruralizzazione di massa, della diffusione dei contraccettivi, della fine della subordinazione sociale della donna, della caduta dei tabù in materia sessuale, eccetera, eccetera, eccetera…..
Né va dimenticato che la chiusura delle case, da tutti indicata come la causa del dilagare della prostituzione sui marciapiedi, coincise con gli anni in cui gli Italiani si trasformarono in automobilisti. E quello che Leo Longanesi definì “l’uomo a quattro ruote” ha una psicologia assai ambigua. Egli non solo diventa tanto più aggressivo quanti più sono i cavalli del suo motore, ma si sente, nella sua scatola d’acciaio, abbastanza anonimo e al sicuro per trasgredire come mai oserebbe fare camminando tra la folla.
La sua vigliaccheria non lo frena più dal compiere gli atti più vergognosi, perché spera sempre di poter fuggire. Ma mai scenderebbe dalla vetturetta su cui carica il travestito che alzando la minigonna gli mostra il suo “giocattolo”, per entrare a volto scoperto in una casa, scegliere un partner, e seguire l’esortazione di una felliniana maitresse ad “andare in camera”.
Per ripulire le strade, insomma, non basterà riaprire le “case”. Anche perché è facile notare che il vero problema, la vera indecorosa testimonianza del degrado civile non è costituito dalla prostituzione. Altrettanto, se non più grave, è lo spettacolo dei gruppi di drogati di ogni nazionalità che di fatto ricattano i passanti minacciandoli con i loro cani e con il messaggio implicito nella loro sporcizia, il messaggio-minaccia di essere degli intoccabili sieropositivi. E più indecoroso di tutti é lo spettacolo dei minori – in gran parte zingari – che vengono tenuti a mendicare ad ogni angolo di strada. E questi fenomeni di degrado sociale non sono peraltro scollegati. Che i drogati si prostituiscano per pagare la “roba” non è un mistero. Come non è un mistero che quei piccoli che mendicano in evasione dell’obbligo scolastico siano condannati, a qualche anno di distanza, a degradare in altre e più gravi forme la vita delle nostre città.
Dopo un lungo dibattito, si è deciso – anni fa – che la Repubblica non considera la prostituzione come un reato, mentre colpisce il suo sfruttamento. Né si può credere che, criminalizzandola, si porrebbe fine al fenomeno o al triste spettacolo notturno che esso offre. Forse che la legge sull’obbligo scolastico basta a togliere i piccoli mendicanti dalle strade? E per quel riguarda i mendicanti molesti – a parte una sciagurata decisione della Corte Costituzionale – forse che le sanzioni previste in materia di vaccinazione degli animali da compagnia vengono effettivamente applicate? Forse che gli stranieri in posizione irregolare, che si prostituiscano o meno, vengano davvero espulsi? E la riduzione in schiavitù, che è un reato grave e diffusissimo negli ambienti della prostituzione “selvaggia”, viene forse combattuta dai nostri tribunali con il necessario misto di severità e di sostegno concreto alle vittime?
Sono domande retoriche. Tutti conosciamo le risposte.
Ma allora diventa legittimo concludere che la proposta di riaprire le case di tolleranza al fine ripulire le strade è tanto inefficace quanto retrograda.
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