Clelia MoscarielloIn pochi si stanno interessando alla querelle che, da alcuni anni a questa parte, sta esplodendo regolarmente contro l’obbligo di apertura in tutta Italia di numerosi punti vendita e supermercati durante i giorni di Pasqua. Invece, cassiere e commesse sono sul ‘piede di guerra’. “Comprendo l’obbligo di apertura per il 25 aprile”, dice la responsabile del punto vendita romano di Stefanel, “ma nei giorni di Pasqua e Pasquetta a cosa serve? Si tratta di giornate in cui le famiglie festeggiano in casa, oppure ne approfittano per riunirsi con i parenti fuori città: non verranno certamente a fare shopping…”. In effetti, qualche perplessità è venuta anche a noi: non saranno affatto pochi gli esercizi costretti a rimanere aperti nelle nostre principali città d’arte (Roma, Venezia e Firenze). Molte lavoratrici e anche alcuni utenti hanno cominciato a protestare: al centro ‘Giotto-Auchan’ di Padova, alcuni giorni fa sono stati distribuiti ai consumatori numerosi volantini sui quali era stampata la seguente frase: “Il riposo è un diritto dei lavoratori. Oggi lo tolgono a loro. Domani toccherà a te. Dimostriamo la nostra solidarietà ai lavoratori della grande distribuzione e boicottiamo la spesa nel giorno di Pasquetta”. Il documento non è firmato, ma quasi certamente è stato distribuito dai giovani dei centri sociali della zona. “La liberalizzazione totale degli orari del commercio risale alla fine del 2011, quando il Governo Monti-Passera emanò il decreto ‘Salva-Italia”, ha affermato il coordinatore del Sindacato lavoro e società, Vittorio Rosa: “E’ arrivata l’ora che il nuovo Governo lo abolisca e, in materia di aperture e di orari del commercio, adegui l’Italia agli altri Paesi dell’Unione europea”. In relazione alla scelta effettuata dal gruppo ‘Billa’ di tenere aperti alcuni supermercati anche a Pasqua ha preso posizione, in questi giorni, Tiziana D’Andrea, una ex commessa che nel 2012 ha organizzato a Treviso una manifestazione con il suo movimento ‘Domenica, no grazie!’. Da allora, la D’Andrea rappresenta una figura leader di questa protesta: “Non mi sorprende che, ancora una volta, il colosso ‘Billa’ abbia deciso l’apertura di alcuni punti vendita di generi alimentari per domenica 20 aprile”, ha sottolineato, “ma l’aspetto curioso della faccenda è che l’azienda tiene chiusi i propri punti vendita in Germania, mentre qui in Italia li apre. Passano gli anni, cambiano i Governi, ma la legge sulla liberalizzazione del commercio, varata dall’ex ministro Bersani e resa ancora più pesante dal decreto Monti alla fine del 2011, non viene ancora minimamente messa in discussione. Dev’essere la politica a intervenire per stroncare il consumismo esasperato. Per quanto riguarda il nostro comitato, che ha raggiunto migliaia di adesioni su Facebook e che non ha nessuna casacca partitica o sindacale, noi non abbiamo smesso di lottare. Quasi certamente, alla vigilia delle feste pasquali, torneremo a mobilitarci con una nuova azione spettacolare”. La crisi economica, insomma, sta realmente ‘mordendo’ ogni categoria di lavoratori, scaricandosi pesantemente sui ceti sociali più deboli. Anche molti alberghi, impegnati in particolar modo a Roma o nella cerchia immediatamente a ridosso della capitale a svolgere la propria funzione di ricezione dei pellegrini e, più in generale, del turismo religioso, stanno segnalando, anno dopo anno, lo sfruttamento senza scrupoli di receptionist e portieri di notte, costretti dai propri datori di lavoro a svolgere una serie infinita di doppi turni o a rinunciare ai giorni di riposo previsti. Nessuno dice nulla, poiché terrorizzato all’idea di perdere la propria occupazione. Se l’idea di città più moderne ed europee, sempre pronte a rispondere alla domanda di servizi e di vendita proveniente dal turismo, finisce col rafforzare il potere di ricatto dei grandi gruppi di vendita internazionali o di esercenti e piccoli imprenditori senza scrupoli, crediamo proprio che tutto ciò non faccia altro che indebolire l’immagine di un Paese ormai retrocesso nel ‘secondo mondo’. Piuttosto che un servizio prestato ‘male’, poiché caratterizzato da difficoltà organizzative evidenti, sarebbe meglio rinunciare a certi sforzi che, spesso, risultano più dannosi che utili all’immagine stessa della nostra bellissima Italia, invasa da turisti che neanche ‘consumano’. La ‘spremitura’ inutile di lavoratrici e addetti vari, in queste condizioni ci appare francamente discutibile: certe cose si fanno organizzandosi meglio. Oppure, non si fanno e basta.


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Roberto - Roma - Mail - martedi 15 aprile 2014 7.20
Ottimo articolo, che denuncia un fenomeno reale. Sono anni che si parla di rafforzare la domanda e poi, regolarmente, accade l'esatto contrario: a stipendi sempre uguali corrispondono prestazioni praticamente raddoppiate. Come nella "Fattoria degli animali" di "orwelliana" memoria, lo sfruttamento del cavallo non porta affatto a una ripresa del sistema, ma solamente alla morte, per sfinimento, del cavallo stesso!!!!!!!!


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