Il Sen. Enrico Morando è parlamentare dei Ds e il principale esponente di riferimento dell’area ‘liberal’ del proprio partito.

Sen. Morando, le elezioni amministrative del maggio scorso sono certamente state una discreta ‘boccata d’ossigeno’ per il suo partito: e adesso? Non è il caso di porre mano alla ‘questione riformista’ per preparare l’alternativa di governo?
“Le novità sono tre: le difficoltà del governo di centrodestra, la vittoria del centrosinistra alle amministrative e la sconfitta della sinistra antagonista al referendum sull'art. 18. Dalla prima, emerge l'urgenza dell'impegno per la predisposizione di un serio progetto di governo - programma, soggetto politico Ulivo e leader -. Dalla seconda, la possibilità concreta di prevalere sul centrodestra. Dalla terza, la possibilità di superare la resistenza della sinistra antagonista alla costruzione della Federazione dell'Ulivo ad egemonia riformista”.

Cosa si può costruire strategicamente con Rifondazione e come riuscire, nel contempo, a coinvolgere l’elettorato moderato, laico e cattolico, in un programma di governo?
“Se c'è l'Ulivo, federazione di partiti, associazioni e singoli cittadini, dotato di proprie regole democratiche per decidere, anche a maggioranza, di un suo autonomo - dai partiti che ne fanno parte - profilo politico-programmatico e di una forte leadership, allora l'accordo con Rifondazione Comunista non fa da ostacolo alla conquista del consenso. Veda il ‘caso Illy’ nel Friuli Venezia Giulia. Se non c'è l'Ulivo, allora o non si fa l'accordo con Rifondazione Comunista, e dunque si perde per questo, o si fa alle condizioni di Rifondazione Comunista stessa, e il centrosinistra rischia di perdere per la ragione opposta”.

Lei si ritiene un riformista?
“Semplicemente, sì”.

Non rimane un problema di fondo, nella sinistra italiana, legato alla questione del ‘craxismo’? In che modo lei si pone la questione storica della figura di Bettino Craxi e come intende cercare di recuperare le forze del socialismo autonomista al confronto dialettico e programmatico con tutte le altre forze della sinistra?
“Anche in questo caso, il nodo da sciogliere è l'Ulivo. Nella Federazione dell'Ulivo, le forze del riformismo socialista, ora disperse in più partiti, possono svolgere una funzione centrale, come accade nei "centro-sinistra" di tutta Europa. Senza l'Ulivo, si continua a ragionare in termini di ‘ex-qualcosa’ e non si va da nessuna parte. Craxi capì che questo era il tema - la grande riforma e l'autonomia socialista -, ma non fu in grado di svolgerlo”.

Tuttavia, negli anni ’90 si è avuta l’impressione che il suo partito abbia tentennato nel voler imboccare con convinzione una via socialdemocratica o di socialismo liberale. Addirittura, c’è chi pensa che qualcuno abbia vissuto l’illusione che i Ds potessero svolgere, nel panorama politico nazionale, un ruolo di forza moderata nei metodi di governo, ma collocata sul fronte progressista dello scacchiere complessivo: una sorta di Democrazia Cristiana di sinistra. E’ così?
“Altro che, se abbiamo tentennato! La maggioranza dei Ds ritenne che non vi fossero le condizioni per proporre la ‘costituente socialista’. Craxi, a sua volta, ritenne di poter prendere tempo, proponendo ‘l'unità socialista’, non come esito di una vera costituente, ma come annessione dei vinti da parte dei vincitori. Vero è, che i socialisti emergevano dal '900 come vincitori, ma mancò a Craxi la generosità di un vero progetto politico di innovazione. I Ds, d'altronde, sono ancora oggi in grado di definirsi piuttosto per ciò che sono stati, più che per quello che sono o che saranno…”,

Perché a sinistra lo scontro è stato così cruento, nei decenni scorsi? L’impressione storica che la sinistra italiana nel suo complesso ha spesso fornito è quella di un coacervo di forze che perdono importanti opportunità…
“Fino all'89, lo scontro ha avuto motivi evidenti: la socialdemocrazia non è la versione debole del comunismo, come molti dei miei compagni di partito hanno a lungo creduto e qualcuno sembra ancora credere, bensì l'avversario, l'alternativa irriducibile del comunismo. Dopo l'89, non siamo stati capaci di proporre un autentico progetto di innovazione del soggetto politico protagonista dell'alternativa di governo. Prima l'occasione della rottura di continuità dal Pci, poi quella dell'Ulivo, a metà degli anni '90: dobbiamo riconoscere che, a destra, Berlusconi e soci – creando Forza Italia – sono stati più bravi di noi…”.

Poniamo il caso che Silvio Berlusconi improvvisamente ‘rinsavisse’ e decidesse di entrare in una coalizione di centrosinistra, magari accompagnato da Casini e Bottiglione: secondo lei, sarebbe il classico ‘governissimo’ di salute pubblica o un’ammucchiata incomprensibile e priva di qualsiasi identità programmatica?
“Sarebbe solo un disastro. Ben altra cosa è cercare di trovare un accordo per completare la transizione istituzionale, che dura da troppo tempo”.

E un clamoroso accordo strategico di riforme con la Lega Nord, lei lo firmerebbe?
“Tutti gli eletti del popolo, secondo la Costituzione, sono anche dei ‘potenziali costituenti’. Detto questo, le posizioni istituzionali della Lega sono lontanissime dalle mie”.

E’ vero che si sta avvicinando un bivio molto netto tra riformismo e massimalismo per il suo partito? E per la sinistra nel suo complesso?
“L'alternativa è abbastanza netta: di fronte ai problemi nuovi, i nuovi esclusi, reali o potenziali, dobbiamo attuare le politiche che abbiamo sempre fatto, o dobbiamo cambiarle radicalmente? Gli estremisti di sinistra hanno una posizione continuista e incrementale - art. 18 e 35 ore -, mentre i riformisti mettono l'accento sull'innovazione. In questi ultimi due anni, è sembrata prevalere la posizione dei primi. Ora, abbiamo nuove chances noi riformisti”.

Ma se venisse il momento di fare una scelta imprescindibile, lei andrebbe verso il centro oppure seguirebbe i battuti sentieri del radicalismo recriminatorio?
“In tutti i partiti di sinistra d’Europa convivono la sinistra antagonista e quella riformista. Io voglio contribuire al conseguimento di due obiettivi: costruire l'Ulivo con regole democratiche per la decisione e prevalere sugli estremisti utilizzando proprio quelle regole”.

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